La Sorellanza di Chiara d’Assisi
Durante il Medioevo il destino delle donne era segnato dal dominio maschile: se aristocratiche potevano scegliere un matrimonio combinato che aumentasse il prestigio e il potere militare della casa paterna, senza possibilità alcuna di evoluzione personale, condannate ad allevare figli che erano proprietà del marito e, soprattutto, a soddisfare le richieste sessuali e riproduttive di quest’ultimo, cosa che spesso equivaleva a subire violenze e abusi. Se Invece avessero optato per la vita monastica, unica possibilità di scampo dalle vessazioni patriarcali, le fanciulle di buona famiglia, recando una dote, avrebbero potuto aspirare ad un posto di prestigio tra le mura del monastero. Le donne di estrazione più povera erano condannate a soprusi e vessazioni di ogni genere e neppure la vita monastica offriva loro riscatto perché, senza dote, avrebbero potuto diventare solo delle monache domestiche. Quando Chiara maturò la decisione di seguire Francesco, Assisi era una cittadina dilaniata da lotte sanguinarie tra fazioni avverse. Nata da una madre, Ortolana, intraprendente e colta, con un padre di cui non si hanno notizie, forse morto prematuramente, vissuta in una sorta di gineceo assieme alle sorelle Agnese e Beatrice, covava il germe della ribellione nei confronti di una società che schiacciava le donne e trovò in Francesco l’interprete dei suoi desideri di libertà. La comunità di San Damiano era inizialmente formata da fratelli e sorelle che condividevano il lavoro quotidiano, la predicazione del Vangelo, la cura dei bisognosi. Anche le donne camminavano per il territorio assisano, predicavano, cosa intollerabile per quei tempi, prestavano il loro soccorso tra lebbrosi e miserabili, lavoravano, soprattutto nel cucito e ricamo; l’affetto e la solidarietà tra uomini e donne regnava nel piccolo eremo. Quando, per intervento papale, i frati furono costretti a lasciare San Damiano e le sorelle avviate ad una clausura non cercata e non desiderata, Chiara e le compagne continuarono ad essere un punto di riferimento per le donne più povere e maltrattate che spesso trovavano rifugio tra le mura dell’eremo dalla prepotenza di mariti e parenti. Le sorelle Damianite accoglievano, curavano, consigliavano. Tra di loro regnava un clima di reciproco sostegno e fiducia, di incrollabile determinazione, le gerarchie non esistevano di fatto perché non erano ammesse doti o donazioni. Chiara fu una fulgida luce per le sue contemporanee: non solo rifiutò l’autorità maschile familiare non accettando un matrimonio infelice ma si unì ad un gruppo di “folli” e laici che sognavano una comunità libera e itinerante, senza disuguaglianze di ceto o di sesso. Ribadì inoltre la propria libertà rispetto agli stessi sacerdoti in quanto affermò il principio di un contatto diretto col Divino, senza intermediari, come del resto sostenuto dallo stesso Gesù nei Vangeli. Quando il movimento francescano fu trasformato in un ordine istituzionalizzato e fu snaturato nei suoi ideali iniziali per farne uno strumento al servizio della Chiesa, il ramo femminile, con la sua impudente autonomia, fu il primo a dare fastidio e le sorelle furono ridotte in clausura, con il pretesto di proteggerle dalle frequenti molestie che subivano da mercenari e ignoranti; se le donne attualmente vengono fatte oggetto di violenza, chissà durante il Medioevo che appetiti poteva suscitare un gruppo di fanciulle sole, per giunta apertamente “disubbidienti” rispetto ai canoni sociali del tempo. Chiara, nonostante le pressioni della Santa Sede, fu la sola a difendere strenuamente gli ideali che avevano mosso agli inizi il progetto che aveva immaginato insieme a Francesco, quando si incontravano di nascosto prima della fuga di lei. Un grande sogno di amore, fratellanza, accoglienza e libertà, scritto a quattro mani. La bellezza di questo sogno forse ancora sfugge, ammantata tra la pompa della santità e le invenzioni agiografiche che hanno cercato di separare le due anime che lo hanno costruito, di glissare sul fatto che ci fosse un’unità di intenti e di identità. Il ruolo determinante e rivoluzionario delle donne è stato edulcorato con metafore devozionali che poco rendono l’idea della loro forza. La voglia di vivere, di essere protagoniste del proprio futuro, si manifestava in loro in un respiro d’amore che tutto abbracciava e accoglieva, che era balsamo per chi ne era sfiorato e che aspirava ad un mondo più giusto, in cui ne’ sesso, ne’ censo potessero impedire ad un cuore ardente di esprimere la sua missione.
Flavia Parlato
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